Nonostante le lacune normative, il settore della cannabis light, oltre alle possibilità lavorative fornite, circa 10mila nuovi posti di lavoro per circa 300 milioni di fatturato annui, ha contribuito attivamente a far calare il traffico illecito di marijuana.
Come nei Paesi in cui la cannabis viene legalizzata per uso ricreativo, i consumatori preferiscono recarsi in un negozio autorizzato e acquistare una sostanza controllata che rivolgersi agli spacciatori. Sostanza sulla quale si pagano tasse che rimpinguano le casse dello stato e da poter impiegare per iniziative socialmente utili.
A prova di ciò, arriva uno studio condotto dai dipartimenti di Scienze Economiche e Statistiche dell’Università di Salerno insieme al dottor Leonardo Madio dell’Università di York, che ha analizzato l'influenza del mercato della cannabis a basso contenuto di THC su quello della marijuana illegale.
La cannabis light riduce lo spaccio di marijuana: lo studio
La ricerca, pubblicata ad aprile 2019, ha confrontato e incrociato i dati relativi ai sequestri mensili di marijuana su base provinciale dal 2016 (anno in cui è stata introdotta la legge che promuova la canapa industriale in Italia) al 2018 e i dati relativi alla posizione geografica dei negozi che vendono cannabis light.
Dai risultati si evince che la marijuana è la sostanza stupefacente più consumata al mondo, ma "La legalizzazione della cannabis light ha portato a una riduzione fino al 14% dei sequestri di marijuana illegale per ogni punto vendita presente in ogni provincia e a una riduzione dell’8% della disponibilità di hashish". Ma non finisce qui poiché "i calcoli su tutte e 106 le province prese in esame suggeriscono che i ricavi perduti dalle organizzazioni criminali ammontino a circa 200 milioni di euro all’anno".
"Questi risultati - conclude la ricerca - supportano l'argomentazione secondo cui l'offerta di droghe illegali è sostituita dall'ingresso di rivenditori ufficiali e legali."