Ebbene si, la canna perfetta esiste. Ma, contrariamente a ciò che si pensa, non dipende dalla concentrazione di cannabinoidi, bensì da com'è progettata.
A scoprirlo è Markus Roggen, presidente e chief science officer di Delic Labs, una struttura di ricerca sulla cannabis e la psilocibina a Vancouver, British Columbia, che insieme ai suoi colleghi ha condotto una ricerca per capire se la concentrazione di cannabinoidi fosse il fattore più importante nel determinare l’effetto inebriante e quali altre cose contribuissero a un’esperienza piacevole.
La scienza ha rivelato come rollare la canna perfetta
Presentato al Canadian Chemistry Conference and Exhibition a Vancouver a giugno e raccontato da Scientific American, lo studio vuole capire "cosa succede durante l'inalazione dal punto di vista chimico".
Si parte da una certezza: la canna è un dispositivo semplice, composta da una cartina che contiene la cannabis macinata e incanala il fumo dal braciere alla bocca del consumatore.
Poi la combustione rilascia i cannabinoidi in forma gassosa, permettendo così ai fumatori di assumerli. Per semplificare, immaginiamo che i composti gassosi venissero estratti e consegnati da un'estremità all'altra di un tubo. Quindi, secondo Roggen, "il problema da studiare è la trasmissione tramite aerosol dalla canna alla bocca".
Aerosol ricchi di principi attivi, tra cui THC e CBD. Il primo responsabile degli effetti psicoattivi della cannabis e il secondo noto per le sue importanti proprietà terapeutiche.
Lo spinello perfetto: l'importanza della dimensione delle infiorescenze macinate
Per trovare il progetto dello spinello perfetto, Roggen e il suo team, muniti di macinino da caffè e un setaccio, hanno sminuzzato la cannabis in diverse granulometrie, ottenendo fiori sbriciolati da 1,3 e 5 millimetri di diametro.
Dopo hanno realizzato joint senza tabacco da 0,5 di cannabis ognuno, versando il composto in coni di carta pre-rollati. Joint che sono stati collegati ad una macchina "simulatrice di cicli di fumo" che ha "inspirato" uniformemente sei volte per tre secondi ciascuna, e poi "espirato".
I filtri hanno raccolto gli aerosol dal boccaglio stampato in 3D della macchina e i ricercatori hanno utilizzato tecniche di chimica analitica per misurare i livelli di aerosol dai tiri presi all'inizio, a metà e alla fine di ogni canna.
La quantità di THC e CBD fornita da ogni spinello ha suggerito che la dimensione della cannabis sbriciolata è importante per l'intensità.
Per entrambe le varietà di cannabis, la dimensione delle cannabis di 1 mm ha fornito la maggior quantità di cannabinoidi per boccata, mentre la dimensione di 5 mm è stata meno intensa ma ha portato a spinelli più duraturi.
Ne viene quindi che, più la cannabis è sbriciolata più intensa sarà la sessione, per una combustione più rapida ed efficiente.
Inoltre è stato registrato che, indipendentemente dalla dimensione della cannabis, la concentrazione più alta di cannabinoidi per boccata è sempre arrivata verso la fine dello spinello. I terpeni invece venivano assunti in maggiore quantità all'inizio.
Questo suggerisce che una canna garantirà il miglior sapore all'inizio e la più alta concentrazione di cannabinoidi alla fine.
CBD fornito il 200-400% in più del THC
A sorprendere i ricercatori però è che, mentre gli spinelli a prevalenza di THC fornivano un totale di 19-28 milligrammi di THC ciascuna, le versioni a prevalenza di CBD fornivano ognuna ben 90-100 mg di CBD, ovvero il 200-400% in più del cannabinoide dominante. "La quantità di cannabinoide che arriva in bocca è maggiore per il CBD che per il THC - ha esclamato Roggen - Non riesco a spiegarlo, ma sono molto incuriosito".
Cannabidiolo che abbonda nelle infiorescenze di cannabis light ad alto CBD.
Secondo Amber Wise, direttrice scientifica del laboratorio di analisi della cannabis Medicine Creek Analytics a Fife, Washington, il mercato dei pre-rollati è in crescita costante e che: “I dati di Roggen supportano l’argomentazione secondo cui la percentuale di THC è meno importante della dimensione delle cannabis, e i produttori di pre-roll lo troveranno utile”.
Infine Robert Strongin, professore di chimica organica alla Portland State University, ha dichiarato che “queste informazioni potrebbero essere particolarmente utili per i pazienti e per i medici per i quali il controllo e la coerenza del dosaggio sono un problema significativo”.